Corte dei conti, relazione su gestione finanziaria Regioni: la Salute

La spesa sanitaria è quella che incide di più nella composizione della spesa corrente con oltre 130 miliardi per la missione 13 (Salute), descritta nel Dlgs 118/2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.

Data:
10 Agosto 2023

Corte dei conti, relazione su gestione finanziaria Regioni: la Salute

La spesa sanitaria è quella che incide di più nella composizione della spesa corrente con oltre 130 miliardi per la missione 13 (Salute), descritta nel Dlgs 118/2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

I risultati e il confronto del periodo 2019-2022 sono contenuti nella “Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e Province autonome” appena pubblicata dalla Corte dei Conti.

La somma, spiega la Corte, è costituita in gran parte da trasferimenti alle aziende per il Servizio sanitario. La spesa sanitaria ha riportato, nel 2020, un maggiore incremento nelle Regioni a statuto ordinario rispetto a quelle a statuto speciale, con una dinamica che si inverte nel 2021.

Per la valutazione dell’effettiva gestione dei servizi sanitari, sono stati esaminati, aggiunge ancora la Relazione,  i Livelli essenziali di assistenza 2021 su base regionale, non solo nella loro componente “core”, ma anche negli altri indicatori. Una valutazione di efficienza può essere ricavata – osserva la magistratura contabile – comparando la spesa pro capite per le tre aree dei LEA (prevenzione, distrettuale, ospedaliera) con il punteggio registrato da ciascuna Regione.

L’evoluzione della spesa sanitaria nel triennio 2019-2021, si legge nella Relazione,  è influenzata dagli interventi straordinari posti in essere dal Governo centrale per contrastare l’emergenza sanitaria da Covid-19: detti interventi hanno, infatti, offerto un maggiore sostegno alla spesa sanitaria, superando le tendenze per il suo contenimento.

La Relazione evidenzia una tendenza crescente con una netta prevalenza della spesa corrente, rispetto alle altre componenti. L’aumento della spesa sanitaria registrato nel periodo in esame è dovuta prevalentemente alle maggiori risorse destinate dallo Stato al settore sanitario per fronteggiare l’emergenza sanitaria da Sars-Cov2.

Nelle RSO (Regioni a statuto ordinario) l’evoluzione della spesa sanitaria complessiva registra una tendenza crescente (+7,7% nel triennio), con un incremento maggiore nel 2020 rispetto a quello del 2021; nelle RSS (Regioni a statuto speciale), la spesa sanitaria complessiva risulta essere nel 2021 il 41,6% della spesa sanitaria regionale.

La spesa sanitaria corrente costituisce la parte preponderante della spesa sanitaria complessiva, con una crescita nel triennio pari a 9,3 miliardi di euro.

La spesa sanitaria corrente delle Regioni e Province autonome è costituita, per la maggior parte, da trasferimenti correnti agli enti sanitari regionali (circa il 96%), che si occupano concretamente di erogare i servizi per la tutela della salute, mentre la restante parte è rappresentata da acquisto di beni e servizi (circa 3%) e altre spese (circa 1%).

La spesa sanitaria corrente rappresenta per le RSO mediamente oltre l’83% della spesa regionale corrente complessiva, mentre per le RSS tale incidenza scende attorno al 51%: la diversa incidenza attiene al fatto che nella spesa regionale corrente delle autonomie speciali vi rientrano spese relative ad alcune funzioni delegate dello Stato alle Regioni/Province autonome.

Nel triennio 2019-2021, l’aumento della spesa corrente è diffusa in tutte le aree del territorio nazionale e in tutte le Regioni/Province autonome.

I pagamenti totali per spesa sanitaria corrente ammontano a 120,7 miliardi di euro nel 2019, 125 miliardi di euro nel 2020 e 127,1 miliardi di euro nel 2021: registrano nel triennio in esame un incremento del 5,3%.

Per le RSO i pagamenti correnti relativi alla spesa sanitaria (pari a 102,5 miliardi di euro nel 2019, 105,7 miliardi nel 2020 e 107,9 miliardi nel 2021) rappresentano circa l’84% del totale pagamenti spesa corrente complessiva440; per le RSS, invece, i pagamenti correnti della spesa sanitaria (pari a 18,3 miliardi di euro nel 2019, 19,3 miliardi nel 2020 e 19,2 miliardi nel 2021) rappresentano circa il 50% del totale pagamenti spesa corrente complessiva.

Le Regioni che hanno registrato nel triennio un aumento dei pagamenti per spesa sanitaria corrente sono Lazio (+1,6 miliardi, +13,4%), Lombardia (+1,2 miliardi, 12,5%) ed Emilia-Romagna (+846 milioni, 9,1%); dette Regioni costituiscono oltre il 56% dell’incremento dei pagamenti registrato nel periodo 2019-2021. Quasi tutte le Regioni hanno evidenziato un aumento dei pagamenti correnti, ad eccezione del Piemonte (-514 milioni, -5,3%), Umbria (-70 milioni, -3,8%) e Calabria (-133 milioni, -3,9%).

Nell’ambito della missione 13, la spesa sanitaria destinata ad investimenti (Titolo 2) evidenzia un andamento decrescente (-26%), in buona parte registrato nel 2021.

La spesa del Titolo 2 è costituita in prevalenza da erogazioni dirette agli enti sanitari regionali per “Contributi agli investimenti” e “Altri trasferimenti in conto capitale”.

Per quanto riguarda il Nuovo sistema di garanzia dei Lea, per l’anno 2021, sono 7 le Regioni che hanno riportato un punteggio insufficiente in almeno una delle tre aree assistenziali del SSN, di cui due (Valle d’Aosta e Calabria) in tutte e tre le aree, una (Sardegna) in due, e quattro solo in una (Provincia autonoma di Bolzano, Molise, Campania, Sicilia).

È un risultato – commenta la Relazione – in miglioramento rispetto al 2020, ma che non ha ancora completamente riassorbito lo “shock” dovuto alla pandemia da Covid-19, visto che nel 2019 le Regioni con valori al di sotto del valore soglia erano invece solo 6. A causa, quindi, degli effetti perduranti della pandemia sul SSN, i risultati del monitoraggio 2021, come quelli del 2020, hanno un valore prevalentemente informativo.

Le maggiori criticità evidenziate dal monitoraggio riguardano, secondo la Relazione, per l’area prevenzione, il basso tasso di adesione agli screening per le principali patologie tumorali (con assegnazione di punteggi inferiori al minimo in gran parte delle Regioni del Mezzogiorno, in Lombardia e Lazio), e alle vaccinazioni pediatriche (ancora non tornate ai livelli pre-covid); nell’ambito dell’assistenza distrettuale, l’indicatore sul numero di anziani non autosufficienti in trattamento socio-sanitario residenziale rivela divari territoriali particolarmente diffusi nelle Regioni del Mezzogiorno; nell’ambito dell’assistenza ospedaliera, infine, il monitoraggio 2021 segnala un alto tasso di appropriatezza nei ricoveri ospedalieri generalizzato a tutte le Regioni, mentre permangono criticità, in particolare nelle Regioni del Mezzogiorno, relativamente ad alcuni indicatori di qualità e sicurezza delle cure, così come per quello sulla percentuale di parti cesarei primari in strutture con meno o più di 1.000 parti l’anno, che assegna un punteggio inferiore al minimo a tutte le Regioni del Mezzogiorno (ad eccezione della Basilicata), oltreché, nel Centro, a Lazio e Marche, e al Nord, alla Valle d’Aosta.

Tra gli indicatori “no core” (che a differenza dei primi non contribuiscono alla formazione del punteggio), eccetto quello relativo al tasso di presa in carico nelle cure domiciliari, che mostra, nel periodo 2015/2021, un miglioramento generale in tutte le Regioni con l’eccezione della Calabria, dove il valore decresce, nell’arco temporale 2015-2020, da 3,32 a 2,55. Le performance migliori si concentrano in Toscana (15,31), Veneto (14,73), Lombardia (14,28), mentre si situa al di sotto di 10 tutto il Mezzogiorno, ad eccezione di Abruzzo (12,48) e Molise (14,10). quelli di equità sociale che misurano la rinuncia alle prestazioni sanitarie per inappropriatezza organizzativa nell’offerta dei servizi), sull’incidenza delle fragilità nell’anziano con più di 65 anni, e l’indice di cronicità, disegnano una geografia dei divari territoriali che si concentra prevalentemente nel Mezzogiorno.

L’indicatore di equità sociale E001 misura la rinuncia alle prestazioni sanitarie per inappropriatezza organizzative nell’offerta dei servizi, o per ragioni economiche e, a fronte di un valore nazionale pari a 10,2, mostra un valore superiore alla media in Sardegna (16,2), mentre i valori più contenuti si rilevano, al Nord, nelle Province autonome di Trento (8,4) e di Bolzano (5,2), nel Centro, in Toscana (7,6) e, nel Mezzogiorno, in Campania (8,5). Tra gli indicatori di contesto per la stima del fabbisogno sanitario, l’indicatore C003 esamina l’incidenza delle fragilità nell’anziano con più di 65 anni, ed evidenzia valori sensibilmente superiori alla media nazionale (16,9) in tutto il Mezzogiorno, con il valore più alto rilevato in Campania, 28,7, mentre si situa al di sotto di tale media tutto il Centro Nord. Infine, l’indice di cronicità (indicatore E004), pari, a livello nazionale, a 3,7, raggiunge il valore più alto in Campania (4,2), Calabria (4,0) e Sardegna (4,0), mentre segnala valori pari o inferiori al dato nazionale in tutto il Centro-Nord, ad eccezione dell’Umbria (3,9).

A QUESTO LINK IL CAPITOLO SALUTE DELLA RELAZIONE DELLA CORTE DEI CONTI

A QUESTO LINK LA RELAZIONE INTEGRALE DELLA CORTE DEI CONTI

Ultimo aggiornamento

10 Agosto 2023, 19:33

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