Le cure a casa avanzano con i fondi del Pnrr, ma oltre i numeri va misurata la qualità

L’obiettivo è raggiungere una copertura del 10% degli over 65 entro il 2026, il che significa assistere 842.

Data:
8 Febbraio 2025

Le cure a casa avanzano con i fondi del Pnrr, ma oltre i numeri va misurata la qualità

L’obiettivo è raggiungere una copertura del 10% degli over 65 entro il 2026, il che significa assistere 842.000 anziani a casa

di Tonino AcetiCarla Mariotti e Paolo del Bufalo *

7 febbraio 2025

telemedicine concept elderly man in an online consultation taking his blood pressure at home
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L’Assistenza domiciliare integrata (Adi) è una componente essenziale per garantire un’assistenza sanitaria equa, soprattutto negli anziani con patologie croniche o che necessitano di interventi di tipo sociosanitario. Negli ultimi 10 anni, il numero di anziani assistiti in ADI è cresciuto costantemente, passando da una copertura del 1,95% nel 2014 al 3,89% nel 2023. Tuttavia, il dato quantitativo non si è tradotto in un adeguato incremento della qualità e intensità assistenziale.

Se ne sono accorte le Regioni, inizialmente attraverso l’Intesa Stato Regioni del 2021 (n.151) sui criteri di accreditamento per le cure domiciliari, e successivamente con il Pnrr (M6C1 “Casa come primo luogo di cura e telemedicina”). Quest’ultimo, in particolare, si pone l’obiettivo di raggiungere una copertura del 10% entro il 2026, il che significa assistere 842.000 over 65. A tal fine, sono stati stanziati circa 3 miliardi di euro, incrementati di ulteriori 250 milioni a seguito della rimodulazione del Pnrr. Tali risorse si aggiungono a quelle già previste dal DL 34/2020 e destinate al rafforzamento dell’Adi attraverso l’assunzione di personale. È urgente un cambio di passo che sposti l’attenzione dalla “forma” alla “sostanza” perché nonostante il Pnrr, il Dm 77/2022 e altri provvedimenti normativi che hanno modificato il sistema di erogazione delle cure domiciliari, l’Adi non è ancora centrale nell’offerta del Ssn. Detto in altri termini, piuttosto che limitarsi a contare il numero di pazienti, un obiettivo trasversale del Pnrr avrebbe dovuto essere quello di comprendere frequenza e qualità degli interventi forniti ai pazienti, a partire da quelli ad alta complessità assistenziale, oltreché verificare la composizione minima delle equipe professionali coinvolte nell’erogazione dell’Adi.

Più recentemente, il Decreto del Ministero della Salute del 23 gennaio 2023, oltre ad aver ripartito i fondi regionali del Pnrr ha ribadito (art. 3, co. 5) l’impegno delle regioni a erogare le prestazioni di cure domiciliari attraverso organizzazioni pubbliche e accreditate, come già stabilito dal Decreto Legislativo n. 502/1992, integrato e modificato nel tempo con diverse norme. L’erogazione di prestazioni di cure domiciliari non è solo un obiettivo del Pnrr, ma rappresenta un requisito essenziale ai sensi del Dm 77/2022 ed è oggetto di valutazione dei Lea. Lo scorso 31 dicembre si è chiusa la terza milestone del Pnrr, ma sappiamo poco sul reale funzionamento del nuovo sistema e sui benefici concreti ottenuti dai destinatari finali. C’è molta strada da fare e bisogna agire rapidamente poiché i risultati del 2024 saranno valutati a marzo 2025, quando si conoscerà il nuovo numero incrementale di assistiti raggiunto.

Sappiamo invece che il 2022 si è chiuso con un risultato inferiore a quanto atteso: solo 193.892 dei 292.000 nuovi pazienti previsti hanno ricevuto prestazioni Adi (circa il 66%). Dodici Regioni (Veneto, Puglia, Abruzzo, Basilicata, Campania, Molise, Sicilia, Calabria, Piemonte, PA Trento, Sardegna e FVG) non sono riuscite a raggiungere l’obiettivo incrementale. La Corte dei Conti ha addirittura certificato l’impossibilità di verificare il raggiungimento degli obiettivi attesi, distinti per Regione e per fonti di finanziamento, segnalando anche la mancata assicurazione da parte di queste dell’avvenuta attivazione (o adeguamento) del sistema di autorizzazione e accreditamento delle organizzazioni pubbliche e private per l’erogazione di cure domiciliari.

A fine 2024, il quadro normativo sull’accreditamento ha subito ancora una evoluzione: è intervenuta la Legge n. 193 del 16 dicembre 2024 (Legge sulla concorrenza) che ha previsto all’art. 36 la sospensione dell’efficacia delle disposizioni in materia di accreditamento e di accordi contrattuali con il Ssn – D.lgs. n. 502/92 (artt. 8-quater, co. 7 e 8-quinquies, co. 1-bis) – in attesa di una revisione da parte del Tavolo di lavoro per lo sviluppo e l’applicazione del sistema di accreditamento nazionale (Trac), i cui esiti saranno da sottoporre ad apposita intesa nell’ambito della Conferenza permanente Stato-regioni, non oltre il 31 dicembre 2026.

Tuttavia, solo undici giorni dopo, il decreto Milleproroghe (DL 27 dicembre 2024, n. 202) ha “smentito” questa norma, accordando alle regioni un anno (31 dicembre 2025) per adeguare i propri sistemi di accreditamento. Il “cortocircuito normativo” rischia di creare confusione nell’indispensabile adeguamento dei sistemi regionali anche se al momento il testo è in fase di esame in 1a Commissione Affari Costituzionali, e sono stati presentati emendamenti sia per la sua completa rimozione (stralcio) che per una sua modifica nei termini.

Un’ulteriore criticità riguarda le tariffe per l’Adi: nonostante l’impegno assunto con l’Intesa Stato Regioni del 2021, meno della metà delle regioni, stando ai dati Agenas , le ha definite e rese pubbliche. Sul vuoto tariffario è venuto in aiuto il Decreto del Ministero della Salute del 13 marzo 2023 con indicazioni per procedere all’assegnazione delle risorse a livello regionale dei fondi del PNRR, fissando il costo medio ponderale annuo per la presa in carico a domicilio (1977,94 euro); la soluzione è solo temporanea: esaurite le risorse del Pnrr, il problema delle tariffe regionali tornerà ad essere un nodo da sciogliere al fine di evitare potenziali conseguenze negative sulla qualità delle cure domiciliari e sulla loro stessa erogazione.

Nel 2023 i risultati dell’Adi sono migliorati, pur con alcune criticità. Il target nazionale di nuovi assistiti (526.000) è stato superato (101%) ma alcune Regioni non hanno raggiunto l’obiettivo assegnato dal DM del Ministero della Salute del 23.01.23. In particolare, PA Trento (235%), Puglia (145%), Toscana (144%) e Umbria (206%) hanno trainato la media nazionale compensando le performance inferiori di Sardegna (77%), Sicilia (1%), Calabria (95%) e Campania (62%). Il divario è anche conseguenza di un ritardo di ben tre anni (dal 2021) nell’attuazione del sistema di accreditamento. Oggi, solo 9 regioni hanno recepito l’intesa CSR n. 151/21 entro i dodici mesi previsti (Lombardia, Umbria, Sicilia, Abruzzo, Veneto, Molise, Basilicata, Calabria e Liguria), mentre le altre tra il 2023 e il 2024.

Tuttavia, le novità introdotte dalle deliberazioni regionali sono spesso rimaste sulla carta, poiché la loro applicazione pratica stenta a decollare a causa di diversi fattori, tra cui la mancanza di pareri di funzionalità o di verifiche sul campo da parte della regione nei confronti dei soggetti richiedenti l’accreditamento. In sostanza, hanno un sistema di accreditamento pienamente operativo, attraverso enti accreditati nelle singole aziende sanitarie, solo Sicilia, Lombardia e Lazio, quest’ultima con un proprio sistema di accreditamento in tutta la regione seppur antecedente alla sopracitata Intesa del 2021 e quindi con requisiti differenti.

Migliorare l’Adi deve essere una priorità per tutti. A tal fine è necessario investire maggiormente sul capitale umano e in risorse tecnologiche, potenziare la formazione del personale, rafforzare il sistema di valutazione delle cure erogate, promuovere una migliore integrazione tra i vari servizi sanitari e sociali, innovare i modelli organizzativi e professionali anche per capitalizzare al meglio le potenzialità delle tecnologie, e valorizzando al meglio il contributo che deve essere apportato da soggetti pubblici e privati accreditati all’interno di un’efficace governance pubblica e programmazione sanitaria nazionale e regionale. L’obiettivo è utilizzare tutte le risorse stanziate dal Pnrr per incrementare realmente, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, l’attività assistenziale domiciliare, a partire dai pazienti con maggiore complessità. Contabilizzare meglio ciò che già si fa è un passo in avanti ma non può essere questa la leva sulla quale puntare in un’ottica di vero rafforzamento dell’Adi.

* Salutequità

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Ultimo aggiornamento

8 Febbraio 2025, 15:40

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